München, 25.11.2014

"Europäsche Begegnungen Italien - Bayern: Integration im Herzen Europas - Nel cuore d'Europa"
Tagung des Bayerischen Staatsministeriums für Arbeit und Soziales, Familie und Integration und des Italiensichen Generalkonsulats

Für eine vollwertige Unionsbürgerschaft

Impulsgedanken von Claudio Cumani, Präsident des Comites München

 

Zunächst würde ich gerne eine provokative Frage stellen: macht es heutzutage noch Sinn, die europäischen Konsulate in der Europäischen Union beizubehalten?

Ich versuche kurz, Ihnen meine Gedanken zu erläutern:

Die europäischen Verträge („Vertrag über die Europäische Union“ und „Vertrag über die Arbeitsweise der Europäischen Union“) definieren die Unionsbürgerschaft: „Unionsbürger ist, wer die Staatsangehörigkeit eines Mitgliedstaats besitzt. Die Unionsbürgerschaft tritt zur nationalen Staatsbürgerschaft hinzu, ersetzt sie aber nicht“.

Man kann nicht mehr einen EU Bürger, der in einem anderen EU Land wohnhaft ist, als „Ausländer“ bezeichnen. Man kann ihn aber auch nicht als „vollen Bürger“ bezeichnen, denn für Aufenthalte in einem anderen Mitgliedsstaat über 3 Monate hinaus benötigt er eine Beschäftigung im Gastland (Richtlinie 2004/38/EG).

Gewiss, der Unionsbürger aus einem anderen EU-Mitgliedsstaat verfügt über das aktive und passive Wahlrecht für die kommunalen Wahlen sowie für die Europawahlen, nicht aber für die regionalen oder nationalen Parlamentswahlen. Somit kann er die Zusammensetzung der Gremien nicht mitgestalten, die die wichtigsten politischen Entscheidungen in seinem neuen Land betreffen.

Natürlich ist der Weg bis zum Erlangen einer vollwertigen Unionsbürgerschaft noch weit, aber vielleicht ist es an der Zeit, dem Prozess einen neuen Impuls zu verleihen?

Sollte z.B. der EU Bürger nicht ein Recht auf einen Personalausweis von dem Land haben, in dem er wohnhaft ist? Mir ist klar, dass ein derartiger Schritt Zusammenarbeit und Harmonisierung der unterschiedlichen Meldebestimmungen in den einzelnen EU Ländern erfordert, und dennoch: eine solcher Schritt hätte, abgesehen von dem praktischen Nutzen, einen hohen symbolischen Wert. Der Besitz eines Ausweises ist die gesetzlich vorgeschriebene Voraussetzung, um sich ordnungsgemäß anmelden zu können, und ein EU Bürger muss diesen von den nationalen Behörden ausgestellt bekommen. Diese Voraussetzung setzt ein ganz merkwürdiges Zeichen für die EU Bürger. Aber nicht nur das: Sie führt auch zu großen Unannehmlichkeiten, da der Bürger manchmal erst nach langer Zeit und auf umständlichen Wegen seinen Ausweis erhält.

Wenn aber die Konsulate in den EU Ländern nicht mehr für die Meldeangelegenheiten zuständig wären, hätte dies Vorteile für alle Beteiligten: für alle EU Länder (sie könnten auf ihre konsularischen Vertretungen verzichten) und für ihre Bürger (wobei gleichzeitig das Zugehörigkeitsgefühl der Bürger zu der Gemeinschaft, in die sie gezogen sind, gestärkt werden würde).

Wenn wir über Integration und Unionsbürgerschaft sprechen, dürfen wir nicht unerwähnt lassen, dass die derzeitige Gesetzgebung zur Schulbildung von Immigrantenkindern abgeschafft werden muss (Richtlinie 1977/486/EWG „über die schulische Betreuung der Kinder von Wanderarbeitnehmern“), die aus den 70er Jahren stammt und das Ziel hatte, die Kinder wieder in ihr Herkunftsland zurück zu bringen. Vielmehr sollten die Sprachen der EU anerkannt und integriert werden, und der Mehrsprachigkeit eine größere Bedeutung beigemessen werden. Dies würde nicht nur die Anerkennung und die Integration der Bürger fördern: in einer Wirtschaft mit immer stärkerer Globalisierung, liegt es im Interesse der Länder, dass seine Bürger mehrere Sprachen und Kulturen beherrschen.

In meinem Beitrag habe ich Ideen, Forderungen und Hoffnungen formuliert, die in der Gemeinschaft der in Deutschland lebenden Italiener weit verbreitet sind. An die Diplomaten und Politiker, die heute hier anwesend sind, richte ich die Bitte, diese Ideen ernst zu nehmen, sich den daraus resultierenden Herausforderungen zu stellen und Wege zu finden, diese zu verwirklichen.

 


 

"Europäsche Begegnungen Italien - Bayern: Integration im Herzen Europas - Nel cuore d'Europa"
Convegno organizzato dal Ministero bavarese agli affari sociali e l'integrazione e dal Consolato Generale d'Italia

Per una piena cittadinanza europea

Spunti di Claudio Cumani, Presidente del Comites di Monaco di Baviera

 

Una domanda provocatoria per riassumere il senso di quanto vorrei dire col mio breve intervento potrebbe essere: hanno ancora senso i consolati europei all'interno dell'Unione Europea?

Cerco di spiegarmi.

I trattati europei ("Trattato sull'Unione Europea" e "Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea") istituiscono la cittadinanza europea: "È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce".

Se quindi è riduttivo definire "straniero" il cittadino comunitario che risiede in un altro Paese della EU, non è neppure possibile definirlo interamente "cittadino". Il soggiorno dello straniero comunitario per periodi oltre i 3 mesi è condizionato dallo svolgimento di una attività lavorativa nel Paese che lo ospita (Direttiva 2004/38/CE).

Certo, allo "straniero comunitario" è stato accordato l'elettorato attivo e passivo alle elezioni amministrative ed a quelle europee, ma manca pur sempre la possibilità di poter votare per i parlamenti regionali e nazionali. Manca cioè la possibilità di collaborare alla formazione dei Consigli nei quali si prendono la maggior parte delle decisioni politiche del Paese in cui si vive.

Chiaramente il cammino per una piena cittadinanza europea è ancora probabilmente lungo, ma non è forse giunto il momento di imprimergli un nuovo slancio?

Per esempio, non è forse giunto il momento di riconoscere al cittadino comunitario il diritto ad ottenere la carta di identità dal Comune nel quale egli risiede? Mi rendo conto che un tale passo richiede cooperazioni e forse armonizzazioni fra i sistemi anagrafici dei vari Stati europei, eppure un tale passo avrebbe un'alto impatto simbolico, oltre che pratico. Il possesso di un documento di identità è infatti la precondizione del diritto di risiedere legalmente e lo straniero comunitario lo deve ottenere dalle sue autorità nazionali. Questa esigenza non solo sottolinea sul piano simbolico la sua estraneità, ma spesso comporta anche notevole disagio perché lo costringe talvolta a lunghi percorsi e a grandi attese.

Invece, un superamento dell'intermediazione delle reti consolari per la gestione degli Stati civili dei cittadini comunitari residenti nei Paesi dell'Unione comporterebbe vantaggi per tutti: per i Paesi dell'UE (che potrebbero risparmiare sulle rappresentanze consolari) e per i loro cittadini (rafforzando inoltre il loro senso di appartenenza alla comunità in cui essi vivono).

E parlando di integrazione e cittadinanza europea, dobbiamo anche segnalare la necessità di superare l'attuale normativa riguardante la formazione scolastica dei figli dei lavoratori migranti, normativa prodotta negli anni '70 del secolo scorso (Direttiva 1977/486/CEE "relativa alla formazione scolastica dei figli dei lavoratori migranti") e finalizzata al rientro dei ragazzi nel paese d'origine. Sono invece fortemente auspicabili un riconoscimento ed un inserimento delle lingue dell'UE nei curricola scolastici dei vari Paesi dell'Unione ed una valorizzazione del multilinguismo. Un simile passo non rafforzerebbe solo il riconoscimento e l'inserimento dei cittadini comunitari: in una economia sempre pił globalizzata, infatti, è interesse degli stessi Paesi avere dei cittadini padroni di pił lingue e culture.

Con questo mio intervento mi faccio portavoce di idee e richieste, di speranze molto diffuse nella comunità italiana locale. Ai diplomatici ed ai politici oggi qui presenti va la nostra preghiera di prendere in seria considerazione queste idee, affrontare le sfide che esse pongono e trovare i modi per realizzarle.